martedì 21 gennaio 2014

Libertà di espressione, conformismo, ghettizzazione nel mondo 2.0

In questi giorni ho avuto un'interessante confronto con alcune persone che sostengono che per il bene di un'organizzazione di volontariato è importante non dare visibilità su  alle notizie che potrebbero essere emotivamente negative per lo "spettatore occasionale" il quale potrebbe perdere fiducia  l'organizzazione stessa.

La controproposta proposta dal sottoscritto e da altri per acquisire la fiducia è all'opposto adottare una politica di trasparenza completa, senza  nessuna cernita delle notizie, senza nessun invito a evitare di diffondere fatti di cronaca bensì con la disponibilità di  parlarne e confrontarsi con tutti in modo da non avere nemici ma interlocutori.

Nel confronto, ho trovato interessante l'uso (anche se sicuramente  acerbo e probabilmente inconsapevole) delle metodologie di dialettica descritte da Arthur Schopenhauer.

Omonimia, Provocazione, Occultamento, Mutatio controversiae, Argumentum ad auditores, Dichiarazione di incompetenza, Denigrazione, Argumentum ad personam e molti altri artifici che, pur maldestramente, appaiono essere propri della cultura di molti responsabili delle organizzazioni di Volontariato.

Il più "ridicolo" in assoluto che è stato utilizzato è l' Argumentum ad verecundiam: invece che di motivazioni ci si appella ad Autorità o Poteri che si assumono  rispettate o temuti dall'avversario.

Ridicolo in quanto chi professa libertà di pensiero e di espressione per tutti ha costruito la propria etica  su ideali e non su ideologie: non esistono prese di parte assolute  ad eccezione dell'importanza di garantare la  libertà degli altri nell'espressione.

A tal proposito mi sono tornate alle mente  le parole di responsabile regionale che qualche anno fa (2009) scriveva...
Sono passati ormai 5 anni e oggi credo che mai analisi e invito furono più lungimiranti.

"Tra quanto necessario per la libera circolazione delle idee e delle opinioni, cioè la
libertà di comunicare, tre sono gli elementi caratterizzanti di analisi: la libertà di essere informati, la libertà di informare e la libertà dalla paura delle conseguenze spiacevoli per essersi liberamente espressi.
I sistemi di comunicazione di massa del XX secolo dovettero continuamente combattere per ottenere e garantirsi tali libertà e in alcuni paesi, anche industrializzati, ancora oggi è difficile poter comunicare.
Le più ovvie limitazioni stanno nel controllo dei mezzi di comunicazione da parte
di un numero ristretto di individui o gruppi, ponendosi nella terza condizione cioè di essere perseguiti e forse perseguitati per le proprie opinioni.

Io sostengo Voltaire, che pare disse di un suo avversario (mai fu accertato che lo disse davvero): non condivido le sue idee, ma le difenderò fino alla morte per il suo diritto di esprimerle.
Uno stimolo meno evidente ma non per questo meno tangibile, è quello sociale al
conformismo, mettendo in evidenza ciò che è moda o in voga (mi scuso verso i più giovani perché non uso termini moderni come very cool, trendy) o ghettizzando chi è “fuori” o non è in massa. L’affermazione di Voltaire definisce meglio di qualunque altra cosa lo spirito di tolleranza necessario a una società che rispetta il diritto di avere opinioni diverse.

Ma perché questa mia sulle libertà di espressione e sul conformismo?
Oggi intravedo, nei nuovi sistemi di comunicazione di massa, o meglio, di
socializzazione, alcuni spunti di riflessione che voglio condividere con voi, utilizzando il vecchio sistema della scrittura; non più oramai con carta e penna che ancora amo utilizzare per fissare parole e frasi, pensieri e sentimenti, ma attraverso quello un po’ più “freddino” del computer.

Fino a ieri la comunicazione di “massa” era mono direzionale: il giornale, la radio,
la televisione, fornivano informazioni più o meno libere o volutamente condizionate per creare un’opinione pubblica omogenea.
Oggi l’avvento fortunoso di sistemi di comunicazione interattivi come i giornali on
line, con la possibilità di lasciare un commento o un voto del lettore, permette di esprime un parere, una condivisione di idee o una contrarietà.

Ma anche i blog e tutti i social network (face book, my space, ecc…) permettono una
comunicazione più rapida, difficilmente condizionabile, largamente usata dalle fasce
giovani e giovanili e comunque di alta, media cultura.


Tutto questo non è scappato alla visione calcolatrice di aziende commerciali e di
Stakeholder o come le campagne elettorali di Obama e del Presidente della Provincia
autonoma di Trento, Lorenzo Dellai, in cui Facebook ha fatto da padrone, o ancora nel mondo dei personaggi pubblici importanti (V.I.P), che aprono intere pagine con i loro profili, attraverso i Fans club per acquistare consensi e calcolarli, facendosi vedere più vicino all’uomo di “strada”.

Ma su questa via sono molte anche le Pubbliche Amministrazioni e il mondo del
terzo settore che ormai utilizzano questi social network come strumenti per raggiungere casa di migliaia di cittadini, stingendo amicizie e promuovendo se stessi. La comunicazione on line è parte integrante della comunicazione pubblica.
Molte sono le pubbliche amministrazioni che considerano la comunicazione online
strumento strategico per migliorare i rapporti con il cittadino: ad esempio il Comune di Genova ha aperto uno spazio su MySpace e la Regione Puglia, la Provincia di Vicenza, il Comune di Torino e Bergamo su Face book, dove ai propri utenti offrono informazioni immediate e mirate; grazie ai propri profili suggeriscono link, pubblicano foto e video, raggiungendo un vasto pubblico giovanile.

Oggi molte pubbliche amministrazioni puntano su queste nuove potenzialità offerte
dal web di seconda generazione, anche attraverso l’utilizzo di canali di  comunicazione alternativi: web tv, condivisione materiale video con il sito Youtube (fatto anche dalla FICR), ambienti virtuali come Second life e le piattaforme di social network.
Una giovane filosofia che in Gran Bretagna è stata utilizzata anche dalle forze dell’ordine (polizia) come quella di Manchester che ha sviluppato un’applicazione per Face book, consentendo ai cittadini di essere informati sulla sicurezza del proprio distretto e quartiere, raccogliendo così molte informazioni utili al proprio lavoro.

Tutto ciò, in maniera disorganica, accade anche a casa nostra.
Parlo della Croce Rossa Italiana del Piemonte, dove ormai il simbolo di Croce Rossa
“naviga” in molti gruppi portatori di interessi e chiunque può aprire un gruppo, un fan club utilizzando nome e simbolo senza che nessuno possa controllare.

È il segno dei tempi che cambiano e che oggi l’evoluzione tecnologica è talmente
rapida che non riusciamo a starci dietro, tanta è la differenza generazionale da chi, in un tempo neanche troppo lontano, utilizzava appunto carta e penna per comunicare, o una semplice macchina da scrivere.

Dobbiamo affrontare e confrontarci con questo nuovo modo di comunicare,
evitando cadute repentine e non facendoci assorbire troppo dalla tecnologia informatica, per usare ancora il nostro cervello in maniera propria e non quale dépendance del cervello elettronico.

Questa mia non è un atto di accusa nei confronti dei nuovi modi di comunicare, né
tanto meno vuole essere un invito a loggarci tutti o a far parte di comunità virtuali: anzi, è un invito ad un confronto con i più giovani affinché davvero questi nuovi sistemi favoriscano la crescita delle recenti generazioni, senza tralasciare quei principi di rispetto, dignità e tolleranza che sono propri nell’educazione.





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