mercoledì 30 ottobre 2013

Enti di promozione sociale - chi sbaglia paga (non proprio)

La responsabilità sussidiaria

L'art. 6 comma 2 L. 383/2000  (legge che norma gli enti di promozione sociale) ha stabilito il principio che per le obbligazioni delle associazioni di promozione sociale risponde innanzitutto l'associazione stessa con il suo patrimonio e solo in via sussidiaria il presidente o coloro che hanno agito in nome dell'associazione.

Per capire cosa significa leggiamo esattamente la norma:

Il secondo comma dell’articolo 6  regola il rapporto esterno delle associazioni di promozione sociale, statuendo che: “Per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione di promozione sociale, i terzi creditori devono far valere i loro diritti sul patrimonio dell’associazione medesima e, solo in via sussidiaria, possono rivalersi nei confronti delle persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione”.

Da una prima lettura di tale disposizione, si ricava che, per i debiti dell’associazione di promozione sociale, l’ente risponde con il suo patrimonio ex art. 2740 c.c. e, a tale responsabilità, si aggiunge, quale ulteriore garanzia a favore dei terzi, la responsabilità patrimoniale di coloro che hanno agito in nome e per conto dell’ente.

Questi ultimi, parrebbero quindi  titolari di una responsabilità solidale.
Responsabilità solidale significa che chi ha agito in nome e per conto dell’ente è tenuto a rispondere per l’intero dei debiti assunti, senza possibilità di frazionamento del debito tra l’obbligato e l’ente o tra l’obbligato chiamato ad adempiere e gli altri obbligati. La solidarietà, peraltro, avvince tra loro le persone responsabili ex art. 6 e ciascuno di questi soggetti con l’ente.

MA...

Occorre, tuttavia, comprendere quale sia l’ambito di operatività di detta previsione legislativa, atteso che, come è stato già rilevato, le associazioni di promozione sociale possono assumere, indifferentemente, la forma della associazione riconosciuta, quella dell’ente non riconosciuto e quella della cooperativa, per le quali operano regimi di responsabilità differenziati, che non risultano dalla lettura dell’art. 6 l. cit.

Infatti, il legislatore del 2000 effettua una assoluta equiparazione tra le tre categorie, con la conseguenza che l’interprete, che si trovi a decidere di una controversia concernente il rapporto tra una associazione di promozione sociale e i terzi, si troverà a dirimere il dilemma tra lalla separazione assoluta del patrimonio dell’ente da quello dei partecipanti all’associazione,’applicazione della differente disciplina prevista per ciascuna figura dal codice civile oppure il dovere di ignorare le differenze strutturali ed organizzative di ciascun tipo ed optare esclusivamente per la normativa speciale dettata dalla legge 383, che estenderebbe, a tutte le ipotesi di associazioni di promozione sociale, la responsabilità solidale e sussidiaria di chi ha agito in nome e per conto dell’ente.

Allo stato, tuttavia, risulta poco agevole superare con un’unica norma le differenze che sussistono tra le varie figure richiamate dalla legge 383.   Per quanto riguarda gli enti del primo libro del codice civile,  occorre precisare che, senz’altro, la giurisprudenza e la dottrina fanno una costante applicazione, in via analogica, agli enti di fatto, della disciplina dettata per le persone giuridiche; il che ha sostanzialmente eroso le differenze tra i due tipi di associazioni.

La distinzione tra le une e le altre entità associative è, tuttavia,non solo, tuttora mantenuta ferma proprio in relazione al profilo patrimoniale o del rapporto con i terzi, ma è, anche, tutt’altro che trascurabile.

Come è noto, la presenza o meno della personalità giuridica (conseguita attraverso il riconoscimento concesso con decreto del Presidente della Repubblica o del prefetto nei casi di delega governativa) implica un diverso regime patrimoniale dell’ente che, se riconosciuto, gode di autonomia patrimoniale perfetta, se non riconosciuto ha una autonomia patrimoniale “imperfetta”.
L’autonomia patrimoniale perfetta dà luogo alla separazione assoluta del patrimonio dell’ente da quello dei partecipanti all’associazione, così che il patrimonio di ogni associato è insensibile ai debiti dell’ente e viceversa (si ha, quindi, una indifferenza reciproca tra i due patrimoni).

Diversamente, l’autonomia imperfetta non implica la netta separazione tra i due patrimoni, in quanto, pur esistendo un fondo comune dell’associazione (con cui l’ente gestisce verso l’esterno le proprie attività e che rappresenta, per i creditori, la garanzia patrimoniale generica ex art. 2740 c.c. sulla quale essi possono far valere i loro diritti), sono, inoltre, considerati responsabili, solidalmente e personalmente con i propri beni, anche coloro che hanno agito in nome e per conto dell’ente.

infatti, per le associazioni riconosciute, il codice civile stabilisce una totale indifferenza degli associati rispetto all’ente di cui fanno parte, in quanto questo è un soggetto di pieno diritto, dotato di propri ed autonomi poteri, diritti ed obblighi nonché di una propria capacità giuridica. E’, pertanto, un soggetto di diritto a tutti gli effetti e, in quanto tale ha una propria rilevanza esterna, che nulla ha a che vedere con quella delle persone che ne fanno parte.

Non si può, pertanto, sostenere, che i membri di un’associazione dotata di personalità giuridica possano essere chiamati a rispondere, in via solidale, benché sussidiaria, dei debiti dell’ente, trattandosi di due soggetti assolutamente distinti.    Anche per quanto riguarda gli amministratori della persona giuridica, la responsabilità ex art. 18 cod. civ. non può, assolutamente, essere assimilata a quella di cui all’art. 6 legge 383/00.
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