In questi giorni ho avuto un'interessante confronto con alcune persone che sostengono che per il bene di un'organizzazione di volontariato è importante non dare visibilità su alle notizie che potrebbero essere emotivamente negative per lo "spettatore occasionale" il quale potrebbe perdere fiducia l'organizzazione stessa.
La controproposta proposta dal sottoscritto e da altri per acquisire la fiducia è all'opposto adottare una politica di trasparenza completa, senza nessuna cernita delle notizie, senza nessun invito a evitare di diffondere fatti di cronaca bensì con la disponibilità di parlarne e confrontarsi con tutti in modo da non avere nemici ma interlocutori.
Nel confronto, ho trovato interessante l'uso (anche se sicuramente acerbo e probabilmente inconsapevole) delle metodologie di dialettica descritte da Arthur Schopenhauer.
Omonimia, Provocazione, Occultamento, Mutatio controversiae, Argumentum ad auditores, Dichiarazione di incompetenza, Denigrazione, Argumentum ad personam e molti altri artifici che, pur maldestramente, appaiono essere propri della cultura di molti responsabili delle organizzazioni di Volontariato.
Il più "ridicolo" in assoluto che è stato utilizzato è l' Argumentum ad verecundiam: invece che di motivazioni ci si appella ad Autorità o Poteri che si assumono rispettate o temuti dall'avversario.
Ridicolo in quanto chi professa libertà di pensiero e di espressione per tutti ha costruito la propria etica su ideali e non su ideologie: non esistono prese di parte assolute ad eccezione dell'importanza di garantare la libertà degli altri nell'espressione.
A tal proposito mi sono tornate alle mente le parole di responsabile regionale che qualche anno fa (2009) scriveva...
Sono passati ormai 5 anni e oggi credo che mai analisi e invito furono più lungimiranti.
"Tra quanto necessario per la libera circolazione delle idee e delle opinioni, cioè la
libertà di comunicare, tre sono gli elementi caratterizzanti di analisi: la libertà di essere informati, la libertà di informare e la libertà dalla paura delle conseguenze spiacevoli per essersi liberamente espressi.
I sistemi di comunicazione di massa del XX secolo dovettero continuamente combattere per ottenere e garantirsi tali libertà e in alcuni paesi, anche industrializzati, ancora oggi è difficile poter comunicare.
Le più ovvie limitazioni stanno nel controllo dei mezzi di comunicazione da parte
di un numero ristretto di individui o gruppi, ponendosi nella terza condizione cioè di essere perseguiti e forse perseguitati per le proprie opinioni.
Io sostengo Voltaire, che pare disse di un suo avversario (mai fu accertato che lo disse davvero): non condivido le sue idee, ma le difenderò fino alla morte per il suo diritto di esprimerle.
Uno stimolo meno evidente ma non per questo meno tangibile, è quello sociale al
conformismo, mettendo in evidenza ciò che è moda o in voga (mi scuso verso i più giovani perché non uso termini moderni come very cool, trendy) o ghettizzando chi è “fuori” o non è in massa. L’affermazione di Voltaire definisce meglio di qualunque altra cosa lo spirito di tolleranza necessario a una società che rispetta il diritto di avere opinioni diverse.
Ma perché questa mia sulle libertà di espressione e sul conformismo?
Oggi intravedo, nei nuovi sistemi di comunicazione di massa, o meglio, di
socializzazione, alcuni spunti di riflessione che voglio condividere con voi, utilizzando il vecchio sistema della scrittura; non più oramai con carta e penna che ancora amo utilizzare per fissare parole e frasi, pensieri e sentimenti, ma attraverso quello un po’ più “freddino” del computer.
Fino a ieri la comunicazione di “massa” era mono direzionale: il giornale, la radio,
la televisione, fornivano informazioni più o meno libere o volutamente condizionate per creare un’opinione pubblica omogenea.
Oggi l’avvento fortunoso di sistemi di comunicazione interattivi come i giornali on
line, con la possibilità di lasciare un commento o un voto del lettore, permette di esprime un parere, una condivisione di idee o una contrarietà.
Ma anche i blog e tutti i social network (face book, my space, ecc…) permettono una
comunicazione più rapida, difficilmente condizionabile, largamente usata dalle fasce
giovani e giovanili e comunque di alta, media cultura.
Tutto questo non è scappato alla visione calcolatrice di aziende commerciali e di
Stakeholder o come le campagne elettorali di Obama e del Presidente della Provincia
autonoma di Trento, Lorenzo Dellai, in cui Facebook ha fatto da padrone, o ancora nel mondo dei personaggi pubblici importanti (V.I.P), che aprono intere pagine con i loro profili, attraverso i Fans club per acquistare consensi e calcolarli, facendosi vedere più vicino all’uomo di “strada”.
Ma su questa via sono molte anche le Pubbliche Amministrazioni e il mondo del
terzo settore che ormai utilizzano questi social network come strumenti per raggiungere casa di migliaia di cittadini, stingendo amicizie e promuovendo se stessi. La comunicazione on line è parte integrante della comunicazione pubblica.
Molte sono le pubbliche amministrazioni che considerano la comunicazione online
strumento strategico per migliorare i rapporti con il cittadino: ad esempio il Comune di Genova ha aperto uno spazio su MySpace e la Regione Puglia, la Provincia di Vicenza, il Comune di Torino e Bergamo su Face book, dove ai propri utenti offrono informazioni immediate e mirate; grazie ai propri profili suggeriscono link, pubblicano foto e video, raggiungendo un vasto pubblico giovanile.
Oggi molte pubbliche amministrazioni puntano su queste nuove potenzialità offerte
dal web di seconda generazione, anche attraverso l’utilizzo di canali di comunicazione alternativi: web tv, condivisione materiale video con il sito Youtube (fatto anche dalla FICR), ambienti virtuali come Second life e le piattaforme di social network.
Una giovane filosofia che in Gran Bretagna è stata utilizzata anche dalle forze dell’ordine (polizia) come quella di Manchester che ha sviluppato un’applicazione per Face book, consentendo ai cittadini di essere informati sulla sicurezza del proprio distretto e quartiere, raccogliendo così molte informazioni utili al proprio lavoro.
Tutto ciò, in maniera disorganica, accade anche a casa nostra.
Parlo della Croce Rossa Italiana del Piemonte, dove ormai il simbolo di Croce Rossa
“naviga” in molti gruppi portatori di interessi e chiunque può aprire un gruppo, un fan club utilizzando nome e simbolo senza che nessuno possa controllare.
È il segno dei tempi che cambiano e che oggi l’evoluzione tecnologica è talmente
rapida che non riusciamo a starci dietro, tanta è la differenza generazionale da chi, in un tempo neanche troppo lontano, utilizzava appunto carta e penna per comunicare, o una semplice macchina da scrivere.
Dobbiamo affrontare e confrontarci con questo nuovo modo di comunicare,
evitando cadute repentine e non facendoci assorbire troppo dalla tecnologia informatica, per usare ancora il nostro cervello in maniera propria e non quale dépendance del cervello elettronico.
Questa mia non è un atto di accusa nei confronti dei nuovi modi di comunicare, né
tanto meno vuole essere un invito a loggarci tutti o a far parte di comunità virtuali: anzi, è un invito ad un confronto con i più giovani affinché davvero questi nuovi sistemi favoriscano la crescita delle recenti generazioni, senza tralasciare quei principi di rispetto, dignità e tolleranza che sono propri nell’educazione.
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